Tutela archeologica

Archeologia preventiva

Archeologia Preventiva

(art. 28, comma 4 D.Lgs. 42/2004; art. 41, comma 4 e allegato I.8 del D.Lgs. 36/2023)

La verifica preventiva dell’interesse archeologico è la procedura che consente l’applicazione dell’articolo 28 comma 4, del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 42/2004) e riguarda tutte le opere sottoposte alla disciplina del Codice Appalti D.Lgs. 36/2023 (per l’ambito di applicazione si veda l’art. 13 del summenzionato decreto).

Fase prodromica (allegato I.8, art. 1 commi 2-3)

Le stazioni appaltanti trasmettono al Soprintendente territorialmente competente, prima dell’approvazione, “copia del progetto di fattibilità dell’intervento o di uno stralcio di esso sufficiente ai fini archeologici, ivi compresi gli esiti delle indagini geologiche e archeologiche preliminari, con particolare attenzione ai dati di archivio e bibliografici reperibili, all’esito delle ricognizioni volte all’osservazione dei terreni, alla lettura della geomorfologia del territorio, nonché, per le opere a rete, alle fotointerpretazioni. Le stazioni appaltanti raccolgono ed elaborano tale documentazione mediante i dipartimenti archeologici delle università, ovvero mediante i soggetti in possesso di diploma di laurea e specializzazione in archeologia o di dottorato di ricerca in archeologia. La trasmissione della documentazione suindicata non è richiesta per gli interventi che non comportino nuova edificazione o scavi a quote diverse da quelle già impegnate dai manufatti esistenti.” (art. 1, comma 2 – Allegato I.8 del D.Lgs. 36/2023).

Le modalità di raccolta, archiviazione ed elaborazione della documentazione prodromica prevista dall’art. 1, comma 2 – Allegato I.8 del D.Lg. 36/2023 deve avvenire tramite template GIS appositamente predisposto dall’Istituto centrale per l’Archeologia (ICA), secondo quanto previsto in merito dalle Linee guida per la procedura di verifica dell’interesse archeologico e individuazione di procedimenti semplificati, approvate, con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 febbraio 2022 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n.88 del 14 aprile 2022)

Le linee guida rimangono valide fino alla pubblicazione delle nuove, così come previsto all’art. 1, comma 11 Allegato I.8 del D.Lg. 36/2023 “Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro il 31 dicembre 2023, sono adottate linee guida finalizzate ad assicurare speditezza, efficienza ed efficacia alla procedura di cui al presente articolo. Con il medesimo decreto sono individuati procedimenti semplificati, con termini certi, che garantiscano la tutela del patrimonio archeologico tenendo conto dell’interesse pubblico sotteso alla realizzazione dell’opera”.

Con il modello di Autorizzazione alla consultazione (sezione modulistica) è possibile inoltrare la richiesta di accesso formale all’Archivio Dati territoriali- Archeologia per la Verifica preventiva dell’interesse archeologico a questo Ufficio.

Il Documento deve essere redatto da un Archeologo di I fascia, i cui requisiti sono definiti dal D.M. 244 del 20 maggio 2019.

Valutazione della assoggettabilità alla VPIA (allegato I.8, art. 1 commi 4-6)

Assoggettabilità:Il soprintendente, qualora sulla base degli elementi trasmessi e delle ulteriori informazioni disponibili, ravvisi l’esistenza di un interesse archeologico nelle aree oggetto di progettazione, può richiedere motivatamente, entro il termine perentorio di trenta giorni dal ricevimento del progetto di fattibilità ovvero dello stralcio di cui al comma 2, la sottoposizione dell’intervento alla procedura prevista dai commi 7 e seguenti. Il soprintendente comunica l’esito della verifica di assoggettabilità in sede di conferenza di servizi. Per i progetti di grandi opere infrastrutturali o a rete il termine perentorio della richiesta per la procedura di verifica preventiva dell’interesse archeologico è stabilito in sessanta giorni. I termini di cui al primo e secondo periodo possono essere prorogati per non più di quindici giorni in caso di necessità di approfondimenti istruttori o integrazioni documentali”.

Non assoggettabilità: Anche nel caso in cui, in ragione di un rischio archeologico basso, molto basso o nullo, l’esito della verifica di assoggettabilità sia quello di non ritenere che sussistano le condizioni per avviare la procedura di verifica preventiva dell’interesse archeologico, il soprintendente comunica l’esito della verifica di assoggettabilità in sede di conferenza di servizi, con la formulazione di eventuali mirate prescrizioni, tra cui l’assistenza archeologica in corso d’opera nel caso di aree con potenziale archeologico presunto ma non agevolmente delimitabile”.

Le fasi della procedura di verifica archeologica preventiva dell’interesse archeologico

La procedura di verifica preventiva dell’interesse archeologico, i cui oneri sono a carico della stazione appaltante, consiste nel compimento delle seguenti indagini e nella redazione dei documenti integrativi del progetto di fattibilità:

  1. esecuzione di carotaggi;
  2.  prospezioni geofisiche e geochimiche;
  3. saggi archeologici e, ove necessario, esecuzione di sondaggi e di scavi, anche in estensione tali da assicurare una sufficiente campionatura dell’area interessata dai lavori.

La procedura si conclude entro il termine perentorio di novanta giorni dalla richiesta di attivazione, con la redazione della relazione archeologica definitiva, approvata dal soprintendente di settore territorialmente competente. La relazione contiene una descrizione analitica delle indagini eseguite, con i relativi esiti di seguito elencati, e detta le conseguenti prescrizioni:

  • contesti in cui lo scavo stratigrafico esaurisce direttamente l’esigenza di tutela;
  • contesti che non evidenziano reperti leggibili come complesso strutturale unitario, con scarso livello di conservazione per i quali sono possibili interventi di reinterro, smontaggio, rimontaggio e musealizzazione, in altra sede rispetto a quella di rinvenimento;
  • complessi la cui conservazione non può essere altrimenti assicurata che in forma contestualizzata mediante l’integrale mantenimento in sito.

Riferimenti normativi

  • Allegato I.8 del D.Lgs. 36/2023
  • Linee guida per la procedura di verifica dell’interesse archeologico e individuazione di procedimenti semplificati, approvate, con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 febbraio 2022
  • Circolare n. 53 del 22 dicembre 2022
  • Circolare n. 32 del 12 luglio 2023

Concessioni di scavo e ricerche archeologiche

Le attività di ricerca archeologica sul territorio sono riservate al Ministero della Cultura, che può svolgerle direttamente oppure affidarle in concessione ad altri soggetti pubblici o privati (artt. 88 e 89 del Codice dei beni culturali e del paesaggio).

Per le modalità procedurali e le restrizioni relative alle concessioni di ricerca con particolare attenzione alle attività di scavo o di ricognizione superficiale in aree non demaniali e al premio di rinvenimento (art. 92 del Codice), si rimanda alle circolari n. 24/2012 della Direzione generale per i beni archeologici, n. 8/2013 della Direzione generale per le antichità, nn. 3/2015 e 6/2016 della Direzione generale archeologia, e alle disposizioni nn. 21/2016, 17/2018, 37/2018, 4/2019, 7/2019 e 30/2019 emanate dalla Direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio.

Ulteriori precisazioni procedurali sono fornite dalle circolari nn. 14/2021 e 37/2021 della Direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio.

Più in generale, per le norme che regolano il settore, si vedano la circolare n. 94/2000 dell’Ufficio centrale per i beni ambientali, archeologici, artistici e storici e le note prott. 14184 del 30/09/2004 e 958 del 04/10/2005 della Direzione generale per i beni archeologici.

Per ulteriori informazioni sulle modalità operative, sulla normativa e sulla modulistica aggiornata, consultare il sito dell’Istituto Centrale per l’Archeologia.

Responsabile: Francesca Spadolini
francesca.spadolini-01@cultura.gov.it

Reperti archeologici in possesso di privati

Tra le attività svolte dalla Soprintendenza, relative alla tutela del patrimonio archeologico, assume particolare rilievo quella del riscontro e della verifica di autenticità dei reperti archeologici dichiarati da privati.
Quelle che seguono sono le indicazioni utili a chiarire l’iter procedurale per la detenzione di reperti archeologici non accompagnati da fattura di acquisto e non derivanti da premi di rinvenimento ai sensi dell’art. 92 del Codice.

1 – Dichiarazione sostitutiva di atto notorio (scaricabile nella sezione Modulistica), da inviare alla Soprintendenza per mail (PEO: sabap-aq-te@cultura.gov.it oppure PEC: (sabap-aq-te@pec.cultura.gov.it), debitamente sottoscritta e corredata da un documento di identità valido e una documentazione fotografica di massima dei reperti. Nella dichiarazione si chiede di inserire tutte le informazioni utili ai fini del perfezionamento dell’istruttoria (ad esempio eventi che hanno portato al possesso dei reperti, numero dei reperti, verosimile provenienza ecc.).

2 – Sopralluogo, concordato per le vie brevi, da parte di un funzionario archeologo della Soprintendenza, al fine di riscontrare i reperti dichiarati, verificarne l’autenticità e documentarli (misure e riprese fotografiche).

3 – Invio della documentazione raccolta da parte della Soprintendenza al Nucleo Carabinieri del Patrimonio Culturale per gli accertamenti di competenza sui reperti segnalati.

4 – A conclusione degli accertamenti, in caso in cui il Nucleo non abbia rilevato la presenza di illeciti, inoltro al dichiarante degli esiti, con presa d’atto che i reperti restano nella disponibilità dello stesso, fatta salva la possibilità di avvio del procedimento di dichiarazione di interesse secondo le norme vigenti. In caso in cui, invece, siano stati rilevati illeciti, le comunicazioni verranno inoltrate direttamente dal Nucleo Tutela.

Il territorio italiano, per gran parte costituito da rocce sedimentarie, è caratterizzato da una vasta diffusione di reperti fossili, nella fattispecie faune di vertebrati e invertebrati, vegetali e impronte o tracce fossili. Al pari dei beni culturali, anche “cose che interessano la paleontologia” sono tutelate dal Codice.

Tutela Paleontologica

Il servizio Tutela paleontologica della Soprintendenza si occupa delle questioni generali inerenti ai beni paleontologici, intesi sia come beni mobili (reperti fossili) che immobili (giacimenti paleontologici e sezioni stratigrafiche). Nell’ambito delle problematiche sopra-territoriali concernenti la paleontologia, il servizio è il referente per gli uffici centrali del Ministero, per i referenti regionali per la paleontologia, per gli istituti di ricerca e per altri enti del settore.

Su richiesta, il servizio fornisce supporto ai funzionari archeologi nelle attività legate a rinvenimenti di fossili e recuperi, schedature, vincoli, sequestri e confische, esposizione e valorizzazione di beni paleontologici.